La dimensione di coppia nei genitori di figli con autismo
L’obiettivo che ci si è proposti con il progetto di ricerca-azione che viene qui presentato è stato di coinvolgere un gruppo di genitori che hanno figli con autismo, membri dell’associazione ANGSA, nella costruzione di uno spazio in cui fosse possibile dare modo ai partner di restituirsi attenzione per la condizione della loro vita in quanto coppia.
Parallelamente ci si è impegnati a sperimentare un percorso di accompagnamento per genitori con figli con autismo che potesse eventualmente rappresentare un riferimento utilizzabile per la stesura di linee guida e protocolli da attuare nei servizi sanitari e assistenziali. Di seguito descriviamo più estesamente il progetto e le sue caratteristiche.
PREMESSA E OBIETTIVI DEL PROGETTO
Il progetto ha preso avvio dalla collaborazione tra la sede di Torino dell’Accademia di Psicoterapia della Famiglia (APF) e la sezione torinese dell’ANGSA, in continuità con le esperienze sviluppate in precedenza da parte di alcuni componenti del gruppo di lavoro nelle attività degli ambulatori NPI e Psicologia dell’Età Evolutiva del SSN, dedicate ai soggetti con sviluppo atipico. La fase attuativa è iniziata nel febbraio 2018 e si è conclusa nel giugno del 2019.
Lo scopo di questa iniziativa è stato di costruire, insieme ai responsabili dell’associazione ed alle coppie, un percorso che consentisse ai genitori di avere a disposizione un luogo in cui potersi concedere un’attenzione anche in quanto soggetti, con le proprie specifiche storie di sviluppo e dinamiche di coppia. Molte ricerche hanno, infatti, evidenziato quanto la qualità di queste relazioni costituisca una risorsa rilevante per lo sviluppo di una relazione empatica con il figlio con autismo (Trevarthen e Daniel, 2005).
Il progetto si proponeva inoltre di sperimentare un percorso di accompagnamento per le coppie, nella prospettiva che potesse costituire un eventuale riferimento per il dibattito relativo alla elaborazione di linee guida per gli interventi integrati sull’autismo.
LA DIMENSIONE DELLA GENITORIALITÀ NELLA COPPIA CON UN FIGLIO CON AUTISMO
La distanza dell’ ideale di bambino dal modo in cui ciascun genitore percepisce il proprio figlio si esprime attraverso una sofferenza che può mettere a dura prova la relazione di coppia. Gli stessi necessari interventi abilitativi comportano il rischio che uno dei due genitori, nell’essere così impegnato nel migliorare le prestazioni del figlio, giunga a consumarsi in un ruolo “riabilitativo” che non gli consenta di riconoscere e attivare altre risorse indispensabili, come ad esempio quelle che si esprimono attraverso la spontaneità del fluire delle relazioni familiari (Mazzoni, 2016).
Affidandoci alle potenzialità trasformative che l’atto di parola può avere sulle relazioni attraverso le rappresentazioni che veicola, ci siamo proposti di costruire una serie di dispositivi che favorissero la possibilità da parte delle coppie di sviluppare un discorso sulla loro esperienza. Si è ritenuto centrale il co-costruire un processo narrativo e dialogico capace di connettere maggiormente l’aspetto della diagnosi e della riabilitazione con la storia complessiva di sviluppo del figlio, della coppia stessa e delle famiglie di origine.
L’ASCOLTO RIVOLTO AD ACCOGLIERE E CONSERVARE LA DOMANDA
Le difficoltà che il bambino manifesta nella comunicazione e interazione sociale hanno inevitabili riflessi sul modo in cui si sviluppano la genitorialità e la cogenitorialità: a loro volta intervengono nelle traiettorie di sviluppo del figlio le caratteristiche specifiche, e anche gli elementi che per certi aspetti possono apparire meno funzionali, dei genitori e dei familiari (Mazzoni, 2016).
Gli incontri con le coppie sono stati, quindi, pensati come luogo deputato ad accogliere le loro rappresentazioni del bambino e le loro domande, in quanto narrazione prodotta da ciascun soggetto nel tentativo di definire “ciò che non va”, e ad ascoltarle pertanto come espressioni da contestualizzare all’interno di personali processi di individuazione (Bowen, 1979).
Questo modo di considerare la domanda ha consentito di attuare un dispositivo d’incontro con le coppie orientato a riconoscere la particolarità e unicità di ogni situazione, piuttosto che a dare risposte, ed a far emergere prospettive alternative nell’attribuzione di responsabilità rispetto a quanto caratterizza le dinamiche familiari e la relazione di coppia.
L’ATTENZIONE ALLE ESIGENZE DELLE COPPIE
Nella costruzione di un percorso rivolto a favorire la possibilità di una ripresa del dialogo sulla propria esperienza come coppia ci siamo attenuti ad alcuni criteri guida:
il riconoscimento dell’impegno che comporta per questi genitori mantenere la sensibilità necessaria a cogliere le peculiari caratteristiche ed esigenze del loro bambino ci ha condotti a ritenere importante riservare altrettanta attenzione e disponibilità ai modi e ai tempi che sarebbero stati necessari a ciascuna coppia per valutare se e come aderire al progetto;
nel corso di tutte le fasi del progetto è stata costantemente evidenziata la ricorsività che si sviluppava tra le diverse azioni che venivano attuate (gli effetti sulla coppia, rispetto al senso di appartenenza al gruppo di coppie, verso i terapeuti, nei confronti del gruppo di lavoro APF, della committenza ANGSA, e del senso che stava assumendo il progetto nel suo complesso).
Questa funzione di sensibilizzazione all’autoriflessività, all’interrogarsi rispetto agli effetti che si producono sui partecipanti non solo per ciò che sta avvenendo ma per il come e il quando è stato presentato, è stata svolta in particolar modo dalla figura del facilitatore. L’obiettivo che ci proponeva era di far sperimentare come un atteggiamento sensibile alla riflessività potesse permettere sia di riconoscere qualcosa in più e di inatteso, sia di sentirsi maggiormente riconoscibili da se stessi e nella esperienza di coppia e di gruppo;
gli incontri con le coppie sono stati condotti esplorando in un’ottica multigenerazionale le relazioni intrattenute con il più ampio contesto relazionale di appartenenza ed in particolare con le famiglie d’origine. Ciò ha consentito di riconoscere le risonanze profonde di quanto è stato ed è attualmente vissuto in quanto figli nel modo di affrontare un’esperienza genitoriale così impegnativa.
LA FIGURA DEL FACILITATORE
La funzione del facilitatore è stata introdotta con il compito di costituire un ponte tra le diverse fasi in cui si è articolato il progetto e con l’intento di promuovere momenti di riflessioni che consentissero di connettere le loro esperienze di genitori, di coppia, familiari e relative alla appartenenza all’associazione.
Il facilitatore ha incontrato in gruppo tutti i genitori interessati a partecipare all’avvio del progetto: li ha nuovamente incontrati per raccogliere i loro vissuti e considerazioni a conclusione del percorso e per accompagnarli nella scelta degli elementi che ritenessero di poter eventualmente condividere con il gruppo.
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Il progetto è stato sviluppato in modo da rendere possibile non solo il riflettere sulla propria esperienza in quanto coppia di genitori di un bambino con autismo, ma anche come luogo in cui avviare in modo partecipato, e all’interno dell’ associazione, una riflessione sul significato che può assumere una esperienza di questo genere e sugli effetti che si possono produrre in relazione alle modalità con cui viene condotta.